Riflessioni d’agosto 1 – Cibo di strada in Cina

Queste Olimpiadi, comunque la si voglia mettere, un merito l’hanno avuto per gli italiani: metterli di fronte a un’area piuttosto ignorata dell’alimentazione cinese, riguardante proprio il cibo di strada. Soprattutto in passato si è favoleggiato di raccapriccianti pietanze (raccapriccianti per noi euro-nordamericani) amate nelll’estremo oriente, ma l’invasione dei ristoranti cinesi ci ha tranquillizzato con i suoi menu standard, modellati sul nostro gusto più di quanto la maggioranza non pensi.

Quindi è stato interessante vedere in tv servizi come questo, che ci mostrano scorpioni, cavallette, larve e vermi normalmente in vendita nelle bancarelle cinesi. Per non parlare dei cavallucci e delle stelle marine, e soprattutto dei cani, che pare siano stati vietati in questo periodo, per non turbare la sensibilità degli occidentali in visita. Sono andato a risfogliare Buono da mangiare, un bel libro di Marvin Harris che tutti gli appassionati di gastonomia dovrebbero leggere.

In questo testo del 1985 l’antropologo americano analizza i divieti e le idiosincrasie alimentari di molti popoli del mondo, dimostrando che quel che fa ribrezzo a qualcuno, fa leccare i baffi ad altri. Come dire che l’orrore che noi proviamo per gli insetti come pietanza non è minimamente giustificato da dati di fatto, ma solo da motivi culturali. Harris propone anche una spiegazione interessante di questo fenomeno. Una specie diverrebbe buona da mangiare non solo se è disponibile in notevoli quantità, ma anche se assicura un buon rapporto costi/benefici.

Da noi, per esempio, i bovini-suini-ovini sono stati sempre abbastanza diffusi, mentre gli insetti meno, soprattutto quelli polposi come i coleotteri acquatici giganti (Lethocerus indicus) tanto amati dai cinesi almeno fino a qualche tempo fa. Perché, allora, dedicare le nostre attenzioni culinarie alle striminze formiche europee, quando avevamo ben altro da spolpare?

In Cina, invece, la cronica mancanza di carne (come la intendiamo noi) ha fatto sì che si sviluppasse una cultura alimentare prevalentemente vegetariana, che andava a cercare le proteine animali lì dove le trovava più facilmente: nei cani, negli insetti e in altre creature per noi tabù.

A proposito: come mai gli animali considerati non buoni da mangiare diventano a volte creature da rispettare (le vacche in India, i cani e i gatti da noi) a volte paria (i maiali tra ebrei e arabi, gli insetti da noi)? Anche per questo viene proposta una spiegazione, la teoria dell’utilità/nocività marginale. Se una specie anche da viva ci assicura vantaggi (latte, burro e vitelli, per esempio, o aiuto nella caccia), diventa una divinità o una compagna di vita. Se invece produce danni, diventa intoccabile. Un suino, nelle culture che, per i motivi di cui sopra, non lo considerano buono da mangiare, è dal punto di vista alimentare solo un concorrente dell’uomo. Come lo sono gli insetti in occidente, quando addirittura non mangiano gli uomini (zanzare, etc.).

In conclusione, se vi trovate in Cina, non abbiate paura, assaggiate pure uno scorpione o un pezzo di carne di cane. Difficilmente andrete incontro a problemi di digestione. Soprattutto se ignorerete quello che state mangiando.

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6 Risposte to “Riflessioni d’agosto 1 – Cibo di strada in Cina”

  1. Massimo Says:

    Sono stato due volte in cina e, nel mio secondo viaggio nel 2001, ho finalmente trovato una bancarella che vendeva insetti… proprio a Pechino.
    Ho preso degli spiedini di Scorpione, Grilli, Cavallette, Bachi da Seta e Tofu.
    Gli Scorpioni sanno di gambero e sono molto buoni.;
    Le Cavallette, una volta messe in bocca, diventano polvere;
    I Grilli sono più croccanti e non dispiacciano;
    I Bachi da seta, hanno un interno liquido e sono stati quelli meno graditi;
    Il Tofu, passatomi per Topo (quello che mi avevano consigliato di assaggiare in quanto, a detta di molti, buonissimo) era un Tofu Millenario. Colore nero con delle bolle (dovuta alla sua macerazione all’interno di una foglia e seppellita sotto terra per molto tempo) ed interno bianco. Solo la puzza mi faceva sentire male. Dicono che ormai lo mangiano solo alcuni vecchi.
    Il mio motto è: “Se lo mangiato è commestibile e non uccide.”
    Assaggiate tutto il cibo delle terre dove andate, almeno potrete dire: “So che sapore ha”.
    PS:Non mangerò mai più i fagioli giapponesi chiamati Natto :O

  2. enrico Says:

    Alle interessanti riflessioni dell’articolo aggiungo una mia recente esperienza a tavola con amici italiani,ospite di autorità a Nanjing.
    Nella lunga successione di portate che contraddistingue un pranzo di ricchi cinesi,venne fatta girare una zuppiera piena di carne in brodo,presentata dalla cameriera come “duck”.Insospettito dall’insolita preparazione di quell’anatra mi feci ripetere alcune volte la definizione finché fu chiaro che in realtà si trattava non di”dack”ma di “dag”, cioè “dog”. Naturalmente il chiarimento ebbe ilpotere di bloccare l’appetito degli italiani anche se, per la verità, chi l’aveva già mangiata nulla aveva da recriminare sul sapore di quella carne. Mi venne fatto di pensare a quanti occidentali potessero essersi riempiti di zuppe di cane mentre si compiacevano della bontà delle anatre cinesi bollite.

  3. stanislao Says:

    Cani, Cina. Basta un’inversione. Anche l’anagramma dimostra quanto siano importanti i cani in Cina 🙂
    Il commento di Enrico, per chi non lo sapesse, arriva in diretta da Shanghai.

  4. Massimo Says:

    Il problema di tutti, verso il cibo, è quello di inorridirsi al solo sentire di cosa è composto, ma nel luogo dove questo si mangia normalmente, viene considerato una leccornia. Ogni popolazione ha i suoi palati, e non vi si può far nulla, così come a noi fa rabbrividire mangiare una cane, visto come animale da compagnia, ad un musulmano fa rabbrividire mangiare un maiale o ad un giapponese il nostro gorgonzola.
    Come diceva prima Enrico, se non si faceva ripetere l’ingrediente della preparazione, nessuno si accorgeva di nulla e tutti avrebbero gustato quel piatto che, come detto, non era affatto male… ma allora perché l’appetito degli Italiani si è bloccato pur gradendo il piatto?
    La mente è più forte di noi e gli occhi non sono da meno!
    Questo vale anche per i cibi normali. Come quelle persone che non amano un determinato ingrediente pur non avendolo MAI assaggiato.
    Io dico sempre: “Ma se non lo hai mai assaggiato, come puoi dire che non ti piace e che ti fa schifo?”
    Poi glielo ripropongo, all’insaputa, in una veste dove non si vede l’ingrediente incriminato e dove sia in maggioranza e, indovinate? Il piatto piace moltissimo… ma quando, alla fine, dico l’ingrediente principale, corrono in bagno a dare di stomaco. Certo lo faccio solo con gli amici che so che non reagiscono male. 😉
    Bloccate la mente, non chiedete cosa mangiate, assaporate il cibo e passate una bella serata… poi, se volete e siete forti, chiedete pure… ma a fine pasto o, magari, il giorno dopo. 😉

  5. chiara Says:

    non capisco come è possibile che ancora qualcuno dica che tutto è commestibile..provate un po’ a guardare come uccidono quei poveri cani ..poi dite ancora che la cina cultura e civilta’…

  6. stanislao Says:

    Gentile Chiara,

    stai ponendo un problema di etica, non di commestibilità. Un esempio: il cannibalismo, per quanto mi risulta, non crea particolari problemi di salute in chi lo pratica. Il punto è un altro: la cultura alla quale apparteniamo tu ed io considera il mangiare carne umana un’azione abietta quanto l’omicidio.
    Distinguiamo, quindi, fra le cose che non si mangiano, tre categorie diverse:
    1. quelle che non si mangiano perché NON È GIUSTO MANGIARLE (uomini, cani);
    2. quelle che non si mangiano perché FA SCHIFO MANGIARLE (insetti, vermi);
    3. quelle che non si mangiano perché FA MALE MANGIARLE (sostanze tossiche).
    Le prime due categorie sono legate alla cultura, solo la terza alla fisiologia.

    Alla fine chiedi se la cucina cinese che imbandisce i cani ammazzandoli senza pietà può definirsi cultura. Che possa chiamarsi così è fuor di dubbio, visto che “cultura” è un insieme di credenze e tradizioni. La tua domanda retorica assume implicitamente che la tua (nostra) cultura sia superiore a quella cinese, perché non propone a pranzo cani brutalmente assassinati. Allora, se poniamo che una cultura gastronomica sia superiore a un’altra quando il suo tasso di violenza è inferiore, posso essere d’accordo. Ma a questo punto dovrai anche accettare che la cultura vegetariana praticata dai bramini indiani sia superiore alla nostra. Non trovi?

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